top of page

il termine “farmaci biologici” non significa che sono medicinali di origine biologica, ma solo che “copiano” sostanze presenti in natura, pur essendo prodotti in laboratorio.

Le chemioterapie tradizionali agiscono colpendo le cellule a veloce proliferazione come sono quelle tumorali, ma in questo modo provocano danni anche a tessuti a maggior ricambio, come la pelle, le unghie, i capelli, le pareti dell’intestino, ecc.
Negli ultimi anni la ricerca di nuove cure per il cancro si è indirizzata verso terapie che mirino specificatamente alle cellule cancerose e quindi siano meno tossiche per l’organismo.
La conoscenza dei meccanismi molecolari che provocano o favoriscono lo sviluppo e la crescita dei tumori 
ha portato a scoprire farmaci che agiscono colpendo  “bersagli” che sono presenti solo nelle cellule tumorali, in superficie o all'interno delle cellule stesse. Possono essere enzimi, fattori di crescita (*), recettori ecc. 
Per questo si chiamano anche “terapie mirate”, “farmaci intelligenti”, “terapie a bersaglio molecolare”.

Queste nuove terapie (peraltro alcune, come il trastuzumab, già sperimentate da molti anni) hanno l’indubbio vantaggio di essere meno tossiche, sono associabili alle terapie tradizionali, in alcuni casi possono essere somministrate anche per via orale.
Di contro, il loro impiego è limitato ai casi di tumore caratterizzati da specifiche alterazioni molecolari.
Per quanto riguarda gli effetti collaterali sono generalmente minori rispetto alle chemioterapie, ma se si manifestano essi durano per tutto il tempo della somministrazione.

I farmaci biologici sono suddivisi in 3 grandi categorie:
-
i fattori di crescita (*), che sono sostanze che stimolano la produzione di cellule da parte del midollo, molto usati anche dopo le chemioterapie per aumentare i globuli nel sangue.
-
gli anticorpi monoclonali, cioè molecole in grado di individuare un bersaglio presente solo sulle cellule tumorali
-
le interleuchine e l’interferone: sono sostanze naturali presenti nei processi di infiammazione. Ne esistono di molti tipi, e alcuni sono in grado di contrastare alcune forme di cancro.

Inoltre sono già in fase di sperimentazione particolari “vaccini” contro il cancro, che si basano sull'idea di far riconoscere al nostro sistema immunitario il tumore come nemico e distruggerlo.

Numerosi sono i farmaci già in uso da anni per curare vari tipi di tumore, ma in questa sede ci occupiamo solo di quelli impiegati per la cura del cancro al seno, rimandando eventuali approfondimenti ai link sotto indicati.

I farmaci impiegati per cura del tumore al seno sono:
-
TRASTUZUMAB O HERCEPTIN 
-
LAPATINIB 
-
BEVACIZUMAB 
-
DENOSUMAB
- EVEROLIMUS 

(
*) I fattori di crescita sono proteine che regolano la moltiplicazione e la crescita di numerosi tessuti e cellule, sia durante la fase dello sviluppo sia durante la vita. Molto noto è il fattore di crescita del tessuto nervoso, che ha valso il premio Nobel 1986 a Rita Levi Montalcini, ma esiste anche un non meno importante fattore di crescita epidermico e tutta una serie di fattori che regolano il continuo rinnovo delle cellule bianche e rosse del sangue. 
I fattori di crescita possono essere usati come terapia farmacologica: infatti si rivelano utili nella cura di gravi anemie, quando è necessario stimolare la produzione di nuovi globuli rossi o nel corso di trattamenti antitumorali con farmaci che distruggono globuli bianchi e piastrine. 
Inoltre, i fattori di crescita possono essere "bersagli" adatti ad individuare quali sono le cellule tumorali, dato che le cellule tumorali producono f. di crescita trasformati che stimolano una proliferazione aberrante. 

(Fonti: Airc.it, Artoi.it, Corriere.it)

 

E' uno dei primi farmaci biologici utilizzati nella cura del tumore. Numerosi studi e sperimentazioni cliniche hanno portato alla conclusione che l'uso di Herceptin da solo, o in combinazione con altri farmaci, migliora sensibilmente la sopravvivenza libera da malattia.
Il 28 agosto 2000, la Commissione Europea per i farmaci ha autorizzato la commercializzazione del Trastuzumab in tutta Europa.

E’ un anticorpo monoclonale umanizzato utilizzato per combattere il tumore al seno, che può essere utilizzato solo in caso di elevata presenza della proteina HERB2.
Il suo “bersaglio” è il recettore HER2/neu. 
HER2 è una proteina, situata sulla membrana esterna della cellula, che serve a trasportare un segnale che favorisce la crescita e la differenziazione delle cellule. La sua forma modificata, l’HER2/neu, che nel caso di carcinoma mammario risulta spesso sovraesposto (25/30% in più), si lega ai recettori dell’epidermide favorendo la crescita del tumore.
Il farmaco impedisce questo legame, bloccando il recettore. Questo impedisce alle proteine HER2 difettose di provocare una crescita incontrollata, e quindi blocca il tumore.

Anche se sono allo studio utilizzi per altri tipi di tumore, il Trastuzumab è usato essenzialmente nel trattamento del cancro mammario, in due diverse fasi:
-
cancro in fase metastatica, cioè già diffuso ad altre parti del corpo, quando altri trattamenti non abbiano dato l’effetto sperato. Il suo utilizzo può essere associato ad altri farmaci antitumorali, come il docetaxel, o inibitori dell’aromatasi.
-
tumore in fase iniziale, diffuso solo nella mammella, o anche nei soli linfonodi del braccio. Di solito viene utilizzato dopo altri tipi di trattamento, intervento chirurgico, chemioterapia, radioterapia.
Ma viene utilizzato anche per ridurre preventivamente un carcinoma, in associazione con un farmaco chemioterapico, prima dell’intervento, e dopo in monoterapia.

La somministrazione avviene in prevalenza per infusione in vena, mentre l’assunzione per via orale è ancora in fase di sperimentazione. 


EFFETTI COLLATERALI:

i più comuni
- diarrea non severa, controllabile con comuni farmaci antidiarroici
- sintomi influenzali leggeri, brividi e febbre, che in genere scompaiono dopo la seconda infusione
- dolore nella sede del tumore
- cefalea
- nausea
- astenia

L’effetto più grave può essere l’insorgenza di problemi cardiaci: tachicardia, difficoltà respiratorie, gonfiore agli arti, o anche scompenso cardiaco.
Questo effetto però è molto più raro, ed è legato in particolare alla contemporanea assunzione di doxorubicina (farmaco chemioterapico).

(Fonti:Wikipedia, Erma.europa.eu, Aots. Sanita.fvg.it)
 

Il lapatinib è una molecola ad azione intracellulare che viene somministrata per via orale.

E' un doppio inibitore della tirosin-chinasi, si lega in particolare ai recettori ErbB2 impedendone la proliferazione, e può essere quindi utilizzato solo in caso di elevata presenza di recettori HER2.
Viene utilizzato per il trattamento del cancro al seno metastatico positivo all'Her2, in genere in seconda battuta, se il trattamento con chemioterapia e trastuzumab non ha avuto effetto, in associazione con capecetabina (xeloda) o letrazolo (femara).
In agosto 2013 l'UE ha approvato il trattamento combinato di lapatinib e trastuzumab, senza chemioterapia, per donne affette da tumore al seno metastatico HER2 positivo e negativo ai recettori ormonali, che abbiano evidenziato una progressione di malattia nel precedente trattamento con chemioterapia e trastuzumab.

Normalmente vengono prescritte 5 capsule al giorno, da assumere contemporanemente, sempre alla stessa ora, lontano dai pasti.

I più comuni
effetti collaterali sono:
diarrea (che può portare a disidratazione),
nausea e vomito, 
eruzione cutanea, 
anoressia (perdita dell'appetito), 
affaticamento, 
dispepsia (indigestione), 
secchezza cutanea, 
stomatite (infiammazione della mucosa della cavità orale), 
stitichezza, 
dolore addominale, 
eritrodisestesia palmo-plantare (arrossamento e dolore di mani e piedi), 
dolore alle estremità, 
lombalgia (mal di schiena), 
infiammazione delle mucose (membrane che ricoprono gli organi cavi), 
insonnia (difficoltà a dormire)

Più raramente il farmaco può portare danni al cuore, ai reni o al fegato.

 

Il Neratinib è il primo trattamento successivo alla chemioterapia a dimostrare una efficacia nell'aumento delle probabilità di sopravvivenza a due anni senza che la malattia sia più presente. Lo studio pubblicato su Lancet Oncology.

Uno studio effettuato a doppio cieco su 2840 donne ha dimostrato che il neratinib (un inibitore delle tirosin-chinasi) ha prodotto una significativa riduzione del ritorno di malattia nelle donne trattate con il farmaco rispetto a quelle che hanno ricevuto il placebo. La sperimentazione è durata 2 anni, ed ha riguardato donne colpite da tumore al seno di tipo her2-positivo, che avevano già effettuato il ciclo di terapia, ed avevano assunto, o stavano finendo di assumere, il trastuzumab.


Sembra però che la tossicità del prodotto sia notevole, e così pure gli effetti collaterali, di cui il più importante è una significativa diarrea.

(Fonte: Quotidianosanita.it)

bottom of page