Agenti alchilanti
Mostarde azotate (ciclofosfamide, clorambucile, estramustina, bendamustina, prednimustina, ifosfamide, mecloretamina, melphalan, trofosfamide)
Sali metallici (cisplatino, carboplatino, oxaliplatino, satraplatino)
Nitrosuree (carmustina, lomustina, semustina, streptozocina, nimustina, tallimustina, fotemustina)
Alchil sulfunati (busulfano, treosulfano, mannosulfano)
Derivati dell'etilenimina (tiotepa, triazichinone)
Composti del triazene (dacarbazina, temozolomide)
Epossidi (etoglucide)
Altri (mitobronitolo, pipobromano, altretamina)
Antimetaboliti
Analoghi del folato (metotrexato, pemetrexed, raltitrexed, trimetrexato, pralatrexato, plevitrexed, nolatrexed)
Analoghi delle purine (cladribina, fludarabina, mercaptopurina, clofarabina, nelarabina, pentostatina, tioguanina)
Analoghi delle pirimidine (fluorouracile, tegafur, carmofur, gemcitabina, azacitidina, capecitabina, citarabina, decitabina, floxuridina)
Antibiotici citotossici e correlati
Antracicline (daunorubicina, doxorubicina, epirubicina, idarubicina, mitoxantrone, valrubicina, aclarubicina, zorubicina, pirarubicina, amrubicina, pixantrone)
Actinomicine (dactinomicina)
Altri (bleomicina, plicamicina, mitomicina, ixabepilone, amsacrina)
Antimitotici di origine naturale
Alcaloidi della vinca (vinblastina, vincristina, vinorelbina, vindesina, vinflunina, vintafolide)
Alcaloidi del Colchico, derivati della colchicina (demecolcina)
Derivati della combrestatina (combretastatina A-4, ombrabulina)
Stabilizzatori dei microtubuli: taxani (paclitaxel, docetaxel, cabazitaxel)
Inibitori della topoisomerasi I: camptotecine (topotecan, irinotecan)
Inibitori della topoisomerasi II: (etoposide, teniposide)
Alcaloidi di origine marina (trabectedina, lurbinectedina, PM00104)
Terapie mirate
Inibitori del recettore tirosin chinasico (RTK) (imatinib, gefitinib, erlotinib, lapatinib, dasatinib, sorafenib, sunitinib, semaxanib, pazopanib, nilotinib, vandetanib, afatinib, bosutinib, vemurafenib, crizotinib, axitinib, ruxolitinib, regorafenib, masitinib, dabrafenib, ponatinib, trametinib)
Anticorpi monoclonali (rituximab, trastuzumab, bevacizumab, cetuximab, panitumumab, alemtuzumab, gemtuzumab ozogamicin, ibritumomab tiuxetan, tositumomab, edrecolomab, catumaxomab, ofatumumab, ipilimumab, brentuximab vedotin, pertuzumab, obinutuzumab)
Inibitori di mTOR (temsirolimus, everolimus, ridaforolimus)
Inibitori del proteasoma (bortezomib, carfilzomib)
Anti-VEGF (aflibercept)
Agonisti del recettore dell'acido retinoico (RAR) (tretinoina, bexarotene)
Tossina legante il recettore di IL2 (denileuchina diftitox)
Ormoni e antagonisti ormonali
Androgeni (fluoximesterone)
Antiandrogeni (bicalutamide, flutamide, nilutamide)
Inibitori dell'aromatasi (amminoglutetimide, anastrozolo, letrozolo, exemestane, vorozolo, fadrozolo)
Corticosteroidi (desametasone, prednisone)
Estrogeni (dietilstilbestrolo, poliestradiolo fosfato, etinilesteadiolo, fosfestrolo, gestonorone)
Antiestrogeni (SERM) (tamoxifene, raloxifene, toremifene, fulvestrant)
Agonisti dell'LHRH (goserelina, leuprolide, triptorelina, buserelina)
Soppressori del rilascio di ormoni proteici (octreotide)
Progestinici (megestrolo acetato, medrossiprogesterone acetato)
Ormoni tiroidei (levotiroxina, liotironina)
Altri antagonisti ormonali (abiraterone)
Modificatori biologici di risposta (BRM)
Interferoni (IFN α-2a, IFN α-2b)
Interleuchine (IL2, oprelvechina, denileuchina diftitox)
Fattori di crescita mieloidi ed eritroidi (eritropoietina, filgrastim, sargramostim)
Agenti vari
Soppressori adrenocorticali (mitotane)
Bifosfonati (acido pamidronico, acido zoledronico)
Citoprotettori (amifostina, mesna, dexrazoxane)
Derivati della metilidrazina (procarbazina)
FANS (acido acetilsalicilico, celecoxib)
Agenti fotosensibilizzanti ed usati in radioterapia (porfimer sodico, metilaminolevulinato, acido 5-aminolevulinico, temoporfina, efaproxiral)
Agenti riducenti le piastrine (anagrelide)
Sali (triossido di arsenico)
Derivati dell'urea (N-idrossiurea o idrossicarbamide)
Antagonisti delle poliammine (mitoguazone o MGBG)
Inibitori delle deacetilasi istoniche (vorinostat, panobinostat, romidepsina)
Enzimi (asparaginasi, pegaspargasi)
Terapia genica mediata da adenovirus (sitimagene ceradenovec)
Altri (lonidamina, miltefosina, masoprocol, oblimersen, omacetaxina mapesuccinato, eribulina mesilato, vismodegib)
(Fonte: Wikipedia
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La chemioterapia è una procedura che consiste nella somministrazione di particolari farmaci, detti citotossici o antiblastici, allo scopo di distruggere le cellule tumorali (anche nel caso di leucemie e linfomi). Il trattamento può prevedere la somministrazione di un solo farmaco o di più farmaci scelti tra una gamma di circa 50 prodotti disponibili e largamente usati nella maggior parte dei paesi del mondo. La decisione su quale sia il trattamento più indicato dipende da molti fattori, in primo luogo dal tipo e dallo stadio del tumore, dalle condizioni biologiche (caratteristiche istologiche del tessuto neoplastico) e cliniche (età, sesso, pretrattamento, condizioni generali) del paziente.
È bene sapere che sono moltissime le sostanze con potenziale antitumorale testate in laboratorio e/o negli animali e/o sull’uomo, ma soltanto alcune decine, alla fine, sono approvate dagli organi regolatori come farmaci antitumorali.
Il meccanismo di azione dei farmaci chemioterapici consiste nell'impedire la divisione e la riproduzione delle cellule tumorali.
Attraverso il sangue, i farmaci raggiungono le cellule tumorali in qualunque parte del corpo e le inibiscono progressivamente fino a che muoiono. Tuttavia, essi agiscono anche su una parte di cellule sane, e sebbene queste siano in grado di riparare il danno causato dai farmaci, ciò può produrre spiacevoli effetti collaterali. Questi sono solitamente di carattere temporaneo e la maggior parte scompare alla conclusione del trattamento.
Le cellule sane di alcuni organi sono più sensibili di altre alla chemioterapia; in particolare:
la mucosa che riveste la bocca;
il midollo osseo;
i follicoli piliferi;
l'apparato digerente.
Lo schema di trattamento chemioterapico è pianificato attentamente dall'oncologo ed è, di solito, articolato in più cicli seguiti da un periodo di riposo. Ogni ciclo è costituito da un numero variabile di sedute di trattamento. Nel periodo di riposo tra un ciclo e l'altro, le cellule e i tessuti normali si riprendono dai danni causati dai farmaci.
Gli scopi della chemioterapia sono:
-Guarire la malattia: per alcuni tipi di cancro la chemioterapia può distruggere tutte le cellule tumorali, raggiungendo l'obiettivo della guarigione.
-Ridurre le possibilità di recidiva: la chemioterapia può essere attuata dopo la chirurgia o la radioterapia allo scopo di distruggere eventuali cellule tumorali residue, raggruppate in masse troppo piccole per essere rilevate dagli strumenti diagnostici.
-Ridurre il volume tumorale e prolungare la sopravvivenza: anche quando la guarigione non è possibile, come nei casi di malattia in stadio avanzato, la chemioterapia può essere attuata per ridurre il volume tumorale, per ritardare la progressione della malattia e per cercare di prolungare la sopravvivenza assicurando al paziente una buona qualità della vita.
Quando si attua la chemioterapia?
-Prima dell’intervento chirurgico: la chemioterapia si attua prima della chirurgia allo scopo di ridurre una massa tumorale troppo voluminosa e facilitarne la rimozione, oppure nel caso in cui il tumore sia attaccato troppo saldamente al tessuto sano circostante e non possa essere asportato con il solo intervento. In tale situazione, la chemioterapia si può somministrare anche prima della radioterapia. Si parla in questi casi di terapia neoadiuvante.
-Dopo l’intervento chirurgico: la chemioterapia si attua dopo la chirurgia nel caso in cui tutta la massa tumorale visibile sia stata asportata, ma sussista il rischio che alcune cellule tumorali, rimaste in circolo e non altrimenti diagnosticabili, possano nel tempo dare origine ad una recidiva. In tali casi la chemioterapia ha lo scopo di distruggere queste eventuali cellule residue, allontanando così il rischio di ripresa della malattia.
La chemioterapia può essere attuata anche quando non è stato possibile rimuovere completamente il tumore con la chirurgia o quando la malattia si presenta già in forma metastatica e quindi non è operabile. In tal caso, la terapia non servirebbe per ottenere la guarigione, bensì per ridurre il volume tumorale e, di conseguenza, i sintomi. Si parla in questi casi di terapia adiuvante.
Durante la radioterapia: talvolta la chemioterapia si attua contemporaneamente alla radioterapia. In questo caso si parla di chemioradioterapia o chemio-irradiazione.
Chemioterapia ad alte dosi con successivo trapianto di midollo osseo:Per alcuni tipi di tumore la chemioterapia è somministrata in dosi molto elevate. Ciò avviene comunemente nei casi in cui, nonostante la chemioterapia di prima istanza abbia ridotto il diametro tumorale, il rischio di recidiva resti elevato. Normalmente, gli alti dosaggi distruggono il midollo osseo che produce le cellule del sangue. Per tale motivo, alla conclusione del trattamento è necessario reintegrare il midollo osseo con il trapianto di cellule staminali prelevate dallo stesso paziente prima del trattamento oppure da un donatore compatibile.
(Fonte: Aimac.it)
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A seconda del tipo di cancro e dei farmaci usati, le modalità di somministrazione della chemioterapia sono le seguenti:
-per iniezione in vena (i.v.): è la più diffusa;
-per bocca (p.o.) sotto forma di compresse o capsule: è la meno frequente (comunemente definita chemioterapia orale);
-per iniezione in muscolo (i.m.);
-per iniezione sotto cute (s.c.).
In casi particolari, la chemioterapia si può somministrare:
-per iniezione nel fluido spinale (per via intratecale): si parla in tal caso di chemioterapia intratecale;
-per iniezione in una cavità dell'organismo (per esempio nella cavità pelvica o in vescica): si parla in tal caso di chemioterapia intracavitaria;
-in crema per uso topico: si può usare solo per alcune forme di tumore della pelle.
A volte, l’oncologo può ritenere opportuno attuare due o più modalità di somministrazione contemporaneamente (ad esempio, per endovena e per via orale).
Tranne i chemioterapici somministrati per via intratecale, intracavitaria e in crema per uso topico, tutti gli altri sono assorbiti nel sangue e veicolati nell’organismo, raggiungendo in questo modo le cellule tumorali in tutto il corpo.
Somministrazione per iniezione in vena
Quattro sono le principali modalità di somministrazione endovenosa:
attraverso un ago-cannula, un tubicino molto sottile che è inserito in una vena del braccio o del polso;
attraverso una linea centrale, un tubicino di plastica sottile e flessibile, che s’introduce sotto cute nel torace in una vena molto vicina al muscolo cardiaco;
attraverso un catetere venoso centrale periferico (CVCP), un tubicino di plastica che s'introduce attraverso la piega del gomito fino a posizionare l’estremità in una vena vicina al cuore;
attraverso una porta impiantabile (detta port-a-cath o più comunemente PAC), un tubicino di plastica sottile e morbido, che è inserito in un grosso vaso del torace. Il tubicino ha un’apertura (porta) proprio sotto la cute sul torace o sul braccio.
L'ago-cannula: L’introduzione dell’ago-cannula in una vena del braccio o del polso può risultare fastidiosa, o anche leggermente dolorosa. Una volta in sede, la cannula è fissata con un cerotto onde evitare che si sfili. Nel caso la procedura risulti fastidiosa, si applica sulla cute una crema anestetica, il cui effetto avrà inizio dopo 20 minuti circa. A questo punto si collega alla cannula il flacone contenente la soluzione farmacologica. La somministrazione avviene per infusione lenta, goccia a goccia, per il tempo necessario e previsto per ogni tipo di farmaco. Alcuni farmaci sono diluiti in un sacchetto collegato alla cannula.
Di solito il tempo di somministrazione varia da 20 minuti circa a diverse ore. In caso di fastidio o di comparsa di rossore o gonfiore nell’area in cui è inserita la cannula (o lungo il braccio) oppure avvertite in questo punto una diversa sensibilità durante la somministrazione, si deve informare immediatamente il medico o l’infermiere.
La linea centrale: si tratta di un tubicino di plastica lungo e sottile, inserito in vena nel torace. Molto diffuse sono la linea di Hickman® e di Groshong®*. A differenza dell’ago-cannula, la linea centrale è applicata in anestesia totale o locale. Una volta inserita, è fissata al torace per mezzo di punti o con un cerotto per evitare che fuoriesca dalla vena. Può rimanere in vena per diversi mesi. Attraverso la linea centrale è possibile non solo iniettare i chemioterapici, ma anche effettuare i prelievi di sangue per gli esami periodici. E' possibile fare il bagno o la doccia prestando, tuttavia, molta attenzione ad evitare che l’acqua penetri nella cute attraverso il punto di inserzione del tubicino. Può essere utile applicare un bendaggio protettivo di plastica.
Sono pochissime le limitazioni alla vita di tutti i giorni. Prima di essere dimessi dovete essere sicuri di aver acquisito la necessaria dimestichezza nella cura igienica della linea centrale, onde ridurre il rischio di infezione. Per qualunque problema rivolgetevi sempre all’oncologo curante.
* Hickman e Groshong sono marchi registrati di proprietà di CR Bard Inc. o di una sua consociata.
Complicazioni: Due possibili complicazioni causate dall’inserimento della linea centrale sono le infezioni e l’ostruzione. Se notate la comparsa di un rossore o gonfiore nella regione circostante il sito di puntura o se la temperatura sale oltre 38° C, informate l’oncologo, perché potrebbero essere segni di un’infezione in corso. Se questa è confermata, attraverso la linea centrale si possono somministrare antibiotici. Circa una volta alla settimana la linea centrale deve essere lavata con eparina (le istruzioni al riguardo sono impartite dal personale infermieristico del reparto).
Il catetere venoso centrale periferico (CVCP): Si tratta di un tubicino di plastica che viene introdotto in anestesia locale attraverso una vena all’altezza della piega del gomito fino all’altezza del muscolo cardiaco. Una volta introdotto, il CVCP è fissato con un cerotto per impedire che si sfili dalla vena. Può rimanere in sede per diversi mesi e attraverso di esso è possibile non solo iniettare i chemioterapici, ma anche effettuare i prelievi di sangue per gli esami periodici.
IL CVCP non impedisce i movimenti del braccio, né di fare il bagno o la doccia prestando, tuttavia, attenzione ad evitare che l’acqua penetri nella cute attraverso il punto di inserzione del tubicino. Sono pochissime le limitazioni alla vita di tutti i giorni. Prima di essere dimessi dovete essere sicuri di aver acquisito la necessaria dimestichezza nella cura igienica del CVCP. Se non ve la sentite di farlo personalmente, potete richiedere che sia un infermiere a lavare il CVCP e a cambiare il bendaggio, oppure che un familiare o un amico ricevano le necessarie istruzioni per farlo al vostro posto. Per qualunque problema rivolgetevi sempre all’oncologo che vi ha in cura.
Complicazioni: L’inserimento del CVCP può causare le stesse complicazioni che possono seguire all’inserimento della linea centrale, vale a dire infezioni e ostruzione
La porta impiantabile (port-a-cath): Questo tipo di catetere è un tubicino lungo e sottile che s’impianta completamente sotto cute nel torace: è introdotto attraverso una vena e guidato fino ad un’apertura, detta porta, all’altezza della clavicola destra. A livello della porta è impiantato un piccolissimo serbatoio, non più grande di un bottone, che è punto dall’esterno per somministrare i farmaci o per prelevare campioni di sangue. Un’estremità del catetere è collocata in una vena importante, appena al di sopra del muscolo cardiaco, mentre l’altra è collegata con la porta applicata sotto la cute, nella parte superiore del torace. La porta appare come un’escrescenza sottocutanea, che si sente al tatto, ma dall’esterno è poco visibile.
Complicazioni: L’inserimento del sistema port-a-cath può causare le stesse complicazioni che seguono all’inserimento della linea centrale, vale a dire infezioni e ostruzione.
La pompa per infusione: rappresenta un metodo ormai abbastanza diffuso, soprattutto per la somministrazione di alcuni tipi di chemioterapia. Si tratta di un dispositivo portatile, disponibile in diversi tipi, che serve per iniettare in vena una quantità controllata di farmaco, in un periodo di tempo variabile da qualche giorno a qualche settimana. Ogni pompa per infusione è collegata ad una linea centrale o a un CVCP. La pompa è abbastanza compatta e può essere trasportata in una borsa o in un apposito supporto da fissare alla vita con una cintura.
I farmaci sono preparati in ospedale. Le istruzioni per la manutenzione della pompa sono impartite al paziente e a un familiare o amico. Poiché nella maggior parte dei casi la pompa funziona a batteria, bisogna fare attenzione a non bagnarla durante i lavaggi. Alcune pompe sono monouso e devono essere eliminate dopo l’uso; funzionano grazie ad un meccanismo a palloncino o a molla (elastometro).
Somministrazione per bocca (p.o.): In taluni casi la chemioterapia può essere somministrata sotto forma di compresse o capsule da assumere a casa, da sole o in associazione ad altri farmaci, secondo rigorose istruzioni in merito a quando e come prenderle (a stomaco pieno o vuoto). Se, per un motivo qualsiasi, non riusciste a seguire la prescrizione, rivolgetevi immediatamente al medico curante. La quantità di farmaci che vi è stata consegnata è sufficiente per un ciclo completo di trattamento e deve essere assunta rispettando scrupolosamente la prescrizione dell’oncologo.
Si fa presente che i farmaci somministrati per bocca, per quanto siano ovviamente più comodi rispetto alla via endovenosa, hanno comunque gli stessi effetti collaterali e, pertanto, devono essere assolutamente assunti con molta attenzione e precisione nel dosaggio.
Somministrazione per iniezione in muscolo (i.m.): Alcuni chemioterapici possono essere iniettati attraverso un muscolo, di solito nella gamba o nel gluteo. L’iniezione può provocare un certo fastidio.
Somministrazione per iniezione sotto cute (s.c.): Alcuni chemioterapici possono essere iniettati sotto cute. In genere, si tratta di farmaci miscelati con sostanze oleose che ne consentono un rilascio graduale nel tempo. Queste somministrazioni si chiamano depot, prevedono l’uso di un ago grande e necessitano di un anestetico spray locale. Altri farmaci, come interferoni e interleuchine, sono iniettati, invece, attraverso un ago molto sottile. Potreste avvertire un certo fastidio durante la somministrazione.
Somministrazione per iniezione nel fluido spinale (per via intratecale): In taluni casi, come in presenza di leucemia o linfoma, le cellule tumorali possono invadere il fluido che circonda il cervello e il midollo spinale, che prende il nome di liquor cerebrospinale. Per prevenire questa conseguenza, o per intervenire nel caso in cui si sia già verificata, la chemioterapia può essere somministrata direttamente nel fluido spinale, per via intratecale. In questo caso, dopo avervi sistemato sul lettino con le gambe raccolte, il medico applica un anestetico locale per sedare la regione spinale; quindi, introduce delicatamente l’ago nello spazio tra due dischi intervertebrali fino al canale midollare e inietta il farmaco o la combinazione di farmaci. La procedura dura da 15 a 30 minuti, dopodiché è necessario rimanere a letto sdraiati per qualche ora. È bene bere molto per prevenire la comparsa di un mal di testa che potrebbe persistere per qualche ora. Qualora accadesse, si possono prescrivere degli analgesici. La chemioterapia somministrata per via intratecale di solito non causa altri effetti collaterali.
Somministrazione per instillazione in una cavità corporea (per via intracavitaria): La chemioterapia può essere somministrata nella cavità interessata (ad esempio la vescica) attraverso un catetere. Il farmaco o la combinazione di farmaci sono, quindi, lasciati agire per un dato periodo di tempo prima di essere rimossi per aspirazione attraverso il catetere. Questa modalità di somministrazione può causare irritazione o infiammazione nella cavità interessata, ma non è generalmente accompagnata da effetti collaterali in altre parti del corpo proprio perché i farmaci rimangono nella sede in cui sono iniettati, non compromettendo così le cellule di altre parti dell’organismo. Di conseguenza, l’effetto terapeutico è ottenuto nei soli tessuti che entrano in contatto con il farmaco.
Somministrazione tramite ostie posizionate nel cervello mediante intervento chirurgico: Questa nuova tecnica di somministrazione è impiegata con un certo successo nella terapia di alcuni tumori cerebrali. Si basa sull’uso di un farmaco chemioterapico già noto, la carmustina. Le ostie (o cialde) biodegradabili contenenti il farmaco sono posizionate chirurgicamente in una piccola cavità creata artificialmente a livello cerebrale. In questo modo il farmaco è rilasciato direttamente nel tessuto cerebrale circostante, raggiungendo concentrazioni anche 1200 volte superiori a quelle ottenibili con la classica infusione endovenosa. Se necessario, si può far seguire un ciclo di radioterapia sull’encefalo. Il vantaggio di questa terapia sta nel fatto che, usando dosi di farmaco molto basse, perché posizionate direttamente laddove necessita la sua azione, ha effetti collaterali (diminuzione dei globuli bianchi e delle piastrine, nausea e vomito) molto ridotti, eliminando del tutto quelli connessi con la somministrazione in vena (tromboflebite o dolore lungo la vena iniettata).
Somministrazione in crema: Questa modalità si usa solo per il trattamento di alcuni tumori della pelle. Consiste nell’applicazione di uno strato sottile di crema sull’area interessata per qualche settimana. Ciò può causare irritazione o dolorabilità localizzate, ma nessun altro effetto collaterale negli altri siti corporei. Nel periodo di applicazione delle creme chemioterapiche potrebbe essere opportuno bendare la zona interessata.
(Fonte: Aimac.it)
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